Comune di San Vincenzo (Livorno)
- Varie modalità di giudicare la Regolarità Urbanistica degli
immobili.
- Varie modalità di valutare l’entità delle sanzioni.
- Varie modalità di valutare l’entità delle sanzioni.
Tre storie
con esiti molto diversi. Fortuna? Sfortuna? Fato?
… Chissà!
E sul problema del “Galasso perduto” quale metodo si adotterà? Chissà!
1) Tenuta di
Rimigliano
Volumi vari, per migliaia di metri quadrati, compreso
fagianaie, concimaie, ruderi, ecc. privi di permessi o licenze edilizie
rintracciabili, sono giudicati REGOLARI e quindi recuperabili ai fini
volumetrici, sulla base dell’art.5 del Regolamento urbanistico, così come
modificato con delibera di CC n. 32 del 6/5/2013.
Articolo che, dopo la sua
modifica, consente in pratica di rendere regolare peressoché ogni immobile che si possa dimostrare essere stato realizzato prima del 1°
settembre 1967.
Quindi per tutti questi immobili, nessuna necessità di
condono e NESSUNA SANZIONE.
Piuttosto discutibile invero, ma tutto regolare e secondo
regolamento (appena modificato), per carità. L’importante è che la cosa logicamente
valga per tutti, anche retroattivamente, per semplice giustizia. Infatti quando
la legge cancella un reato, chi è in galera per aver commesso quel reato, viene
subito liberato. Logico, no?
2) Torretta sulla duna dei Lecci
Viene rilasciato dal Comune un permesso di ricostruzione sulla
duna dei Lecci, per 106 mq. , a fronte di una superficie preesistente – legittimata
da un condono – di soli 64,03 mq. Anche
l’architetto Baggiani non riesce a
capacitarsi per quei 42 mq in più, regalati.
A seguito di varie difformità, realizzate durante i lavori, rispetto alla
Concessione edilizia ed al Permesso Paesaggistico, e accertate dalla Forestale,
il Comune, dopo alcuni mesi di silenzio tombale, con la faccenda ormai già
esplosa sui giornali, si decide a sospendere i lavori di costruzione.
Viene quindi emessa
dal Comune un’ordinanza di demolizione n. 383 del 15/9/2011. Il responsabile del procedimento, geom. Salti,
accerta la mancata esecuzione dell’ordinanza e predispone la lettera con la
comunicazione di “inottemperanza all’ordinanza e conseguente preavviso di confisca
e demolizione d’ufficio”, così come previsto dalla legge. La lettera però
inspiegabilmente (anche l’ arch. Baggiani non se lo spiega) resta in un
cassetto e non viene notificata dal dirigente alla proprietà. Così dopo qualche
anno di inerzia del Comune, nonostante i proclami dell’assessore, anche in
Consiglio Comunale, sulla inevitabile demolizione della palazzina, la
proprietà, dopo numerosissimi ripetuti tentativi ottiene, per spossatezza generale,
la sospirata sanatoria.
Si deve ora determinare l’indennità
risarcitoria prevista dalla legge e pari, in quel caso, al profitto
conseguito a seguito dell’abuso. La perizia del geom. Tosi del 9/3/2016 valuta
tale profitto uguale a zero. Infatti viene giudicato irrilevante ai fini del
valore finale dell’immobile la realizzazione del vano interrato non previsto
dal Permesso e ugualmente irrilevanti, a tal fine, tutte le modifiche distributive dei volumi, e
degli spazi circostanti, eseguite in difformità, che pure uno scopo
migliorativo si deve supporre che l’avessero. Ugualmente non viene applicato il
profitto “ordinario” pari al “3% del valore d'estimo dell'unità immobiliare”
come previsto dall’art. 2 del DM 26/9/1997,
che in questo caso sarebbe ammontato a circa 30 mila euro. E quindi
determina la sanzione nel minimo edittale di 516,46 euro. Il Segretario
Comunale D’Agostino, in sostituzione dell’astenuto dirigente dell’edilizia
Filippi, con Determinazione N. 207
del 14/03/2016 fa sua la perizia e irroga la sanzione di
516, 46 euro.
Sicuramente tutto regolare. Anzi si deve gioire che chi pure ha errato, non
venga eccessivamente sacrificato. Si sa che la pena non deve essere inutilmente
afflittiva, ma deve solamente tendere al recupero del soggetto.
Dopo questi due edificanti esempi di saggia e bonaria
indulgenza amministrativa, che senz’altro fanno onore al Comune, veniamo
all’ultimo esempio. Non c’è due senza tre. Almeno si suppone, ma invece in
questo caso non sarà così. Nessuna bonaria indulgenza.
3) IMMOBILE in via della Principessa, 117
Nel 1963 viene realizzato nel terreno, senza permesso, un manufatto di circa 60 mq.
Nel 1986, visto che la legge lo consente, viene chiesto il condono e pagata l’oblazione.
La pratica si trascina però per oltre venti anni, mentre nel lotto confinante, una singola palazzina viene all'incirca raddoppiata e trasformata in un
megacondominio con distanze dai confini alquanto critiche e con un permesso
della Soprintendenza che imporrebbe di non abbattere alcun albero di alto
fusto… con conseguente inizio di un contenzioso legale tuttora in corso.
La nostra pratica di condono si conclude finalmente solo nel
2010 con il nulla osta della Soprintendenza e l’autorizzazione paesaggistica.
A quel punto però, nel 2011 (a quasi 50 anni dalla realizzazione), il Comune richiede il pagamento di una indennità risarcitoria sulla base di meccanismi previsti da leggi arrivate molti anni dopo il 1986, anno di
presentazione della pratica di condono.
Per la verità dal momento che l’immobile risulta pacificamente costruito nel
1963, cioè ben prima del 1° settembre 1967, sulla base dell’art. 5 del RU non
ci sarebbe stato neanche bisogno di condonarlo e si sarebbe potuto considerare “regolare” secondo il Regolamento.
Purtroppo la benefica modifica dell’art. 5 del RU avverrà solo due anni dopo,
nel 2013 e quindi in quel momento ancora non valeva. Così si va avanti.
La perizia del geom. Bettini determina il “profitto” dell’abuso sulla base dei
“prezzi di mercato” e così arriva a stabilirlo in ben € 45.840. Il dirigente dell’Edilizia Filippi, con Determina
719 del 15/11/2011 fa subito sua la perizia e irroga la sanzione di € 45.840,
che deve essere obbligatoriamente, sia pure a rate, pagata.
Dopo appena un anno e mezzo la modifica dell’art. 5 del RU forse cancellerà quell’abuso che, dopo cinquant’anni, si è rivelato così enormemente
costoso, ma nessun perdono viene accordato. In questo caso, chi ha avuto ha
avuto e chi ha dato ha dato. Nessuna pietà per Ulzana.
Cosa ci RISERVA il
futuro?
Tutti quanti sappiamo bene che una notevolissima quantità di
immobili nel centro cittadino, fra il fosso delle Prigioni e quello delle Rozze, ricadenti nel vincolo paesaggistico, dal 1985 fino al 2016 (il Galasso perduto), non hanno
richiesto e quindi nemmeno ottenuto l’autorizzazione paesaggistica. Si porrà
prestissimo il problema di una loro megasanatoria (se possibile) e quindi della
determinazione di tante indennità
risarcitorie.
Quale metodologia si applicherà fra quelle adottate nei tre
casi sopra ricordati?
Chi vivrà vedrà.
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