domenica 2 agosto 2015

NESSUNA RAGIONE AL MONDO



NESSUNA RAGIONE AL MONDO

E’ il mattino presto di una limpida giornata di fine marzo.
Ho appena parcheggiato lungo la Principessa deserta e sto attraversando il parco, verso il mare. Nell'ultimo tratto di cammino ecco riappare il bosco naturale. Il sentiero che porta al mare si è già riempito della nuova vegetazione ricresciuta nei mesi di abbandono invernale e bisogna farsi strada fra i rami recenti.
Mi affaccio sulla spiaggia.
La bruma mattutina nasconde alla vista le case lontane di San Vincenzo. A sud, sulla cima del colle, in lontananza, s’intravede fra i boschi la torre di Populonia, sfiorata dai primi raggi di un pallido sole. Il mare borbotta quieto e la riva lunghissima, maestosa e deserta è ricoperta dai resti delle mareggiate invernali. D'intorno a perdita d’occhio lo stesso spettacolo senza tempo che ogni volta mi rapisce.

Lo stesso spettacolo contemplato nel febbraio del 7 d.c. dal console Quinto Cecilio Metello, accampato per la notte, con le sue legioni, lungo il Borro dei Prigioni, durante il suo viaggio verso la Gallia, dove qualche mese dopo avrebbe trovato la morte sconfitto dai Cimbri.

Il medesimo spettacolo che alla fine di giugno del 1526 si presentò agli occhi del pirata saraceno Khair-ad-din, il Barbarossa, sbarcato sulla piaggia di Rimigliano per riparare le sue galee danneggiate nello scontro di pochi giorni prima con la flottiglia di Andrea Doria.

L’identico spettacolo che apparve anche ad Elisa Bonaparte, la mattina del 22 febbraio 1805 quando diretta a Piombino, in occasione della sosta alla Casetta dei cavalleggeri, volle affacciarsi a vedere il mare che aveva intravisto attraverso i pochi varchi della fittissima macchia, percorrendo la strada della Principessa appena per lei realizzata.

Lo stesso spettacolo che nell’agosto del 1929, durante le manovre navali dell’Alto Tirreno, Mussolini e Vittorio Emanuele II intravidero dalla spiaggia della Torraccia, contemplando verso nord i lunghissimi otto chilometri di spiaggia deserta e di bosco ininterrotto (erano ancora otto chilometri, fino al Renaione, e deserti anche in agosto) della costa selvaggia di Rimigliano.

Questo luogo meraviglioso e intatto da millenni è visitabile da chiunque, liberamente e senza limiti, con l’unico impegno di due minuti e mezzo di cammino. Caso pressoché unico e irripetibile. Il tesoro inestimabile di San Vincenzo.
Qui si può godere gratuitamente del lusso indicibile di lasciare che la nostra mente possa perdersi in un mondo ancora vergine, dove i segni del tempo e dell’uomo sono del tutto assenti, in un ambiente e in un paesaggio che odorano di eternità, dove la nostra vita, al confronto, appare così breve ed effimera, ma anche così meritevole di essere vissuta, se siamo in grado di abbandonarci a quello spettacolo e di godere di quelle sensazioni.

NESSUNA RAGIONE AL MONDO può giustificare che questo luogo magico, rimasto miracolosamente vergine, venga profanato da qualsiasi altra opera dell’uomo.
Nessuna idea di progresso, di sviluppo, di miglioramento, giustificherebbe un tale insensato delitto. Solo la completa assenza di qualsiasi visibile intervento da parte dell’uomo può conservare anche per i nostri discendenti quella magia miracolosa, unica e senza prezzo.









2 commenti:

Unknown ha detto...

ed io spero che nessuno mai possa modificare questa natura!!la sabbia è ancora ricca di minerale ferroso, credo sia pirite ma davvero sembra di essere su un lido dei tempi passati!!!

Unknown ha detto...

AMEN !!!!